MIMESIS

Aristoteles gibt in seiner klassischen Tragödienpoetik eine Definition zur Bedeutung von Mimesis: diese ist gleich Nachahmung von Handlung. Dabei ist der Gegenstand der Mimesis die idealisierte Menschendarstellung, das heißt die idealisierte Handlung von Menschen.[1]

Mimesis gebraucht Pasolini explizit in seiner Hommage an die Divina Commedia von Dante Alighieri, seiner Divina Mimesis. Das in Fragmenten überlieferte Werk bildet den ersten und zweiten Canto aus Dantes Meisterwerk ab; für einen Kenner Pasolinis liegt die Vermutung nahe, dass Dantes Commedia dabei nicht nur aus ästhetischen Gründen gewählt wurde.

Eine Mimesis im Sinne Aristoteles’ betreiben sowohl Dante als auch Pasolini in Hinblick auf ihr fiktives Ich: Beide Autoren inszenieren als Hauptfiguren sich selbst, unwiderlegbar auch in einer idealisierten Version. Der fiktive Dante besitzt das Privileg, vom persönlichen Führer Vergil durch Hölle und Fegefeuer geführt worden zu sein; der fiktive Pasolini darf sich über seinen Führer ungestraft lustig machen und sich selbst in sowohl positiven wie negativen Vergleich zu ihm setzen.

Dantes Commedia ist einer der drei wichtigsten Grundlagentexte für die Entstehung der heutigen italienischen Sprache. Dante verwendet die Sprache nicht nur, um sowohl Bilder als auch symbolische Bedeutungen herzustellen, sondern um die Figuren hinsichtlich ihrer sozialen Zugehörigkeit durch ihre Sprache zu kennzeichnen →Dizionario. Pasolini selbst mischt die gehobene mit einer Umgangs- oder Alltagssprache →Humile. Seine Divina Mimesis steckt voller Anspielungen auf die Verwendung der Sprache: mit einem ironischen Ton nennt er sie die „Lingua dell’Odio“.

Auch in moralischer Hinsicht stimmen die beiden überein: das Irdische oder Alltägliche ist bei beiden bedeutender als das Jenseitige. Das Motiv der Reise wird sowohl von Dante als auch Pasolini genutzt, um Anweisungen und Schlussfolgerungen für das Leben im Alltag abzuleiten. Pasolini folgt Dante also auch in dem, was Erich Auerbach für Dante behauptet hat: „Das Jenseits wird zum Theater des Menschen und seiner Leidenschaften.“[2]

Ohne Dante zu widersprechen, nimmt Pasolini Dantes Sprache, Wendungen, Figuren und Stilmittel auf und verstärkt sie entweder in ihrer Aussage oder parodiert sie, in dem er sie aus ihrem Kontext herausreißt und in einen gänzlich neuen stellt. Pasolini führt den vorliegenden Text über sich hinaus, überlagert Dantes Text, ohne sich direkt auf ihn zu beziehen, und gibt dem Hypertext gerade dadurch eine neue Bedeutung (→Ricotta). Pasolini liest aus Dante eine Opposition heraus: einen Widerstand gegen die Universalität des Lateinischen und gleichzeitig die Konformität einer Einheitssprache.[3] Pasolinis Werk strotzt vor Widerständen: gegen die literarische Kultur der 50er Jahre, gegen sich selbst, gegen die „Sprache des Hasses“ →Palazzo. Möglicherweise ist dies der Punkt, von dem aus Dantes latente Kritik von Pasolini gepackt, vergrößert und alles überscheinend gemacht – und damit über sich selbst hinaus geführt werden wird.

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[1] Vgl. Aristoteles, Poetik, hg. u. übers. Fuhrmann, Manfred, Stuttgart: Reclam 1997, S. 9ff.
[2] Erich Auerbach, Mimesis. Dargestellte Wirklichkeit in der abendländischen Literatur, Bern: Francke 2001, S. 192-193.
[3] Vgl. Pier Paolo Pasolini, La Volontà di Dante a essere poeta, in: ders., Empirismo eretico. Mailand: Garzanti 1992, S. 104-114.



Anne Faßbender



MIMESIS

Aristotele offre, nella sua poetica classica della tragedia, una definizione del significato di Mimesis: questa è l’emulazione di un’azione. L’oggetto della Mimesis è la rappresentazione idealizzata dell’uomo, ossia l’azione idealizzata di questo.[1] Pasolini si rifà esplicitamente alla Mimesis nel suo omaggio a Dante Alighieri, per la sua opera Divina Mimesis. L’opera tramandata in forma frammentaria raffigura il primo e il secondo canto del capolavoro di Dante; per un esperto di Pasolini è facile supporre che la Commedia di Dante non sia stata scelta solo per meri motivi estetici. Sia Dante che anche Pasolini realizzano una Mimesis in accezione aristotelica con riferimento ad un io fittizio: entrambi gli autori mettono in scena figure principali che rappresentano loro stessi, anche nella versione idealizzata. Il Dante fittizio ha il privilegio di essere stato condotto attraverso l’inferno e il purgatorio dalla guida Virgilio. Il Pasolini fittizio può prendere in giro la sua guida restando impunito, e può mettersi al suo posto in un raffronto sia positivo che negativo.

La Commedia di Dante è una delle tre opere basilari più importanti per quanto concerne la genesi dell’attuale lingua italiana. Dante utilizza la lingua non solo per creare immagini e significati simbolici, bensì per caratterizzare, attraverso essa, i personaggi all’interno della loro appartenenza sociale →Dizionario. Lo stesso Pasolini confonde insieme la lingua aulica con quella colloquiale e di tutti giorni →Humile. La sua Divina Mimesis è piena di allusioni all’utilizzo della lingua: con un tono ironico la chiama “lingua dell’odio”. Le due opere coincidono anche sul piano morale: la vita terrena o quotidiana è in entrambi più significativa di quella dell’al di là.

Il motivo del viaggio viene ripreso sia in Dante che in Pasolini per fornire istruzioni e argomenti per la vita di tutti i giorni. Pasolini, dunque, segue Dante anche in ciò che Erich Auerbach ha inteso per Dante: “L’al di là diviene teatro dell’uomo e delle sue passioni”.[2] Senza contrastare Dante, Pasolini riprende la sua lingua, le sue espressioni, i suoi personaggi e il suo mezzo stilistico, e li rafforza nelle loro dichiarazioni oppure ne fa parodia, estraendoli dal loro contesto e inserendoli in un uno del tutto nuovo. Pasolini oltrepassa il testo, lo sovrappone a quello di Dante, senza rifarsi a questo direttamente, dando all’ipertesto un nuovo significato → Ricotta. In Dante Pasolini intravvede una resistenza contro l’universalità del latino e, al contempo, contro la conformità di una lingua unica.[3] L’opera di Pasolini è colma di resistenze: contro la cultura letteraria degli anni ’50, contro se stesso, contro la “lingua dell’odio” →Palazzo. […]


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[1] Cfr. Aristoteles, Poetik, hg. u. übers. Fuhrmann, Manfred, Stuttgart: Reclam 1997, p. 9ff.
[2] Erich Auerbach, Mimesis. Dargestellte Wirklichkeit in der abendländischen Literatur, Bern: Francke 2001, pp. 192-193.
[3] Cfr. Pier Paolo Pasolini, La Volontà di Dante a essere poeta, in: Empirismo eretico. Mailand: Garzanti 1992, pp. 104-114.



Anne Faßbender