MAMMA

Das Mutterbild ist in Pasolinis Werken vielschichtig ausgeprägt und tritt stets in unterschiedlichen Kontexten auf. Eines haben all diese Muttertypen gemeinsam: Sie werden als Kämpfernaturen dargestellt, die sich für ihre Kinder aufopfern. Trotzdem schaffen sie es nicht, ihre Wünsche zu realisieren und das Beste für ihre Kinder zu erreichen.

In Supplica a mia madre heißt es: „È dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia“[1]. Dadurch wird das Augenmerk auf einen für das Subjekt beängstigenden Aspekt der Faszination, die die Persönlichkeit der Mutter ausmacht, gelenkt. Artikuliert wird eine Angst, die an der Grazie →Disgraziato →Borghesia und somit am Körper der Mutter entsteht. Dieses Phänomen des „Verbots des mütterlichen Körpers“[2] beschreibt Julia Kristeva in Pouvoirs de l’horreur. Ihre Ausführungen benennen diese Ambivalenz, die mit einer Verdrängungsphase einhergeht, in der sich ein Subjekt von seiner Mutter lösen möchte: Wenn die sich gegen die Mutterbindung richtenden Triebe überwiegen, schreitet das die Mutter verdrängende Subjekt in einen „selbstgenügenden Zufluchtsort“[3] über, den Kristeva mit Narzissmus gleichsetzt.

Das Sich-Loslösen von der „mütterlichen Ganzheit“[4] als Ursprung einer narzisstischen Krise findet sich in Teilen auch in Pasolinis Film Mamma Roma wieder, der wie Supplica a mia madre im Jahr 1962 entstand: Die Hauptfigur, die der Prostitution den Rücken kehrt, um ihrem Sohn eine bessere Zukunft zu ermöglichen, scheint trotz oder gerade wegen ihrer großen Mutterliebe, ihren Sohn Ettore implizit in bestimmte Handlungsmuster zu treiben. Aus Schutz möchte sie ihm ihre Vergangenheit als Prostituierte verheimlichen; als er die Wahrheit erfährt, hat er bald sein eigenes Leben nicht mehr im Griff. Beispielsweise durch kleinkriminelle Erfahrungen schafft er sich einen immer größeren „selbstgenügenden Zufluchtsort“, der die Distanz zu seiner Mutter vergrößert. Das „Verbot am mütterlichen Körper“, das die Verdrängung der Mutterfigur bzw. die zunehmende Distanzierung von der Mutter antreibt und das das Verlangen außerhalb des mütterlichen Körpers schürt, wird von Ettore somit vollzogen, jedoch mit negativem Ausgang. Dem tragischen Ende kann die Mutter nur noch hilflos zusehen.

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[1] Pasolini, Pier Paolo: “Supplica a mia madre”, in: ders., Le Poesie, Mailand: Garzanti, 1975, S. 347.
[2] Julia Kristeva, Pouvoirs de l’horreur. Essai sur l’abjection, Paris: Seuil 1980, S. 21 [Übers. von mir, P.S.).
[3] Kristeva, Pouvoirs de l’horreur, S. 22.
[4] Kristeva, Pouvoirs de l’horreur, S. 20.



Pia Scheiblhuber










Filmstills: Anna Magnani in Pier Paolo Pasolini Mamma Roma (1962)



Filmstill: Susanna Pasolini in Pier Paolo Pasolini: Il Vangelo secondo Matteo





Supplica A Mia Madre - Pier Paolo Pasolini anhöhren



MAMMA

La figura della madre nelle opere di Pasolini è delineata in modo variegato ed emerge sempre in contesti diversi. Un elemento, però, accomuna tutti i tipi di madre: sono tutte rappresentate come donne che lottano fino ad immolarsi per i propri figli. Tuttavia non riescono a realizzare i loro desideri e ad ottenere il meglio per loro.

Nella Supplica a mia madre sta scritto: “È dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia”[1]. Qui l’attenzione viene spostata su un aspetto della fascinazione angosciante per il soggetto, il quale costituisce la personalità della madre e la indirizza. Si articola una paura che ha origine, risiede nella grazia →Disgraziato →Borghesia e quindi nel corpo della madre. Proprio questo fenomeno del “divieto del corpo materno”[2] viene descritto da Julia Kristeva in Pouvoirs de l’horreur. Le sue argomentazioni richiamano questa ambivalenza accompagnata da una fase di rimozione, nella quale un soggetto vuole slegarsi dalla propria madre: quando gli impulsi rivolti contro il legame materno prevalgono, il soggetto ‘oppresso’ dalla madre si pone in un “rifugio” che Kristeva paragona al narcisismo. Il distacco personale dalla “interezza materna”[3] come origine della crisi narcisistica, si ritrova in parte anche nel film di Pasolini Mamma Roma, scritto, come Supplica a mia madre, nel 1062. Il carattere principale, che abbandona la prostituzione per dare la possibilità di un futuro migliore al figlio, sembra spinga suo figlio Ettore, a causa o proprio per il suo grande amore materno, in maniera implicita verso un particolare modello di comportamento. Per proteggere suo figlio tiene a lui nascosto il suo passato da prostituta; quando il figlio scopre la verità non riesce più ad avere alcun controllo sulla sua vita. Un esempio è costituito dalle piccole esperienze criminali che permettono ad Ettore di costruirsi un sempre più grande “rifugio” personale, che inspessisce gradualmente la distanza dalla figura materna. Il “divieto al corpo materno”, che spinge a distaccarsi dalla figura materna e che conduce il desiderio lontano dal corpo della madre, viene attuato con esiti negativi. La madre può solo seguire il tragico epilogo impotente.

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[1] Pasolini, Pier Paolo: “Supplica a mia madre”, in: ders., Le Poesie, Mailand: Garzanti, 1975, p. 347.
[2] Julia Kristeva, Pouvoirs de l’horreur. Essai sur l’abjection, Paris: Seuil 1980, S. 21 [traduzione dell’autrice in tedesco P.S., in italiano della traduttrice D.F.)).
[3] Kristeva, Pouvoirs de l’horreur, p. 20.



Pia Scheiblhuber