COMUNISTA

Man stelle sich die bekannte Konjugationsübung vor: io lavoro, tu lavori, lui lavora, noi lavoriamo, voi lavorate, loro profittano di noi. Die Essenz aller Kritik am Kapitalismus, dem ewigen Feindbild des Kommunismus. Kommunismus, was ist das überhaupt? Eine gereckte Faust, eine militärische Grenzziehung, eine konsequente Mangelwirtschaft, eine sich selbst zu Grabe getragene Utopie? Mit Blick auf Pier Paolo Pasolini kann man sagen: Kommunismus geht über diese genannten Aspekte hinaus, und es reicht nicht, seine Anhänger einfach ex negativo über die ‚Werte’ der Konsumgesellschaft zu bestimmen. Streng genommen ist der Kommunist jemand, der mit seinen Mitmenschen etwas gemeinsam hat. Der Mensch ist eins, indem er teilt →Humile.

Solche Figuren, solche Kommunisten, gibt es in Pasolinis Werk zuhauf. Nicht selten sind es Frauen. Maria lässt die Sünder ebenso wie die Verzweifelten an Jesus teilhaben; „Mamma Roma“ schuftet für ihren verwöhnten Sohn Ettore, um ihm ein bürgerlicheres Leben zu bieten; der mittellose Gelegenheitsschauspieler Stracci hungert, weil er sein mühsam erarbeitetes Brot lieber mit seiner Familie teilt. In dieser Hinsicht verkörpert Pasolini einen wahren Kommunisten: Er teilt sich selbst mit – in seinen Schriften, seinen Gedichten, seinen Filmen. Und mit jedem seiner Werke, das wir – die Post-Pasolinianer – uns einverleiben, empfangen wir eine Kommunion im Kleinen, einen Teil des Corpus →Sacer.

Moment – Kommunion, wie in der katholischen Kirche? Kommunismus und Katholizismus, wie soll das zusammenpassen, wird sich der gemeine Marxist wohl fragen. In der Tat passen die beiden Bereiche besser zusammen, als zunächst erwartet. Um sich selbst zu definieren, legen Menschen Demarkationslinien fest; sie grenzen sich selbst ein und damit Andere aus. Dessen ist sich Pasolini stets bewusst gewesen, wie es seine Antwort auf einen Leserbrief zeigt: „Un prete davanti a un comunista, e un comunista davanti a un prete, quasi sempre, rappresenta l’apparizione dell’altro: una ‘razza’ degradata dal tabù, inattendibile, umanamente deperita e ripugnante. Come comunista anch’io non sono immune da questa malattia inconscia […].[1] [Ein Priester vor einem Kommunisten, und ein Kommunist vor einem Priester repräsentiert, nahezu immer, die Erscheinung des Anderen: Eine vom Tabu degradierte, unglaubhafte, menschlich verdorbene und widerliche ‚Rasse‘. Als Kommunist bin auch ich dieser unbewussten Krankheit gegenüber nicht immun].[2] Ein ‚marxista-cattolico’ teilt mit einem Christen den radikalen Glauben an eine nicht mehr zeitgemäße Vorstellung, weshalb ein Marxist im Wesentlichen religiös ist.[3]

Pasolinis Protagonisten zerreiben sich an ihren Pflichten, sie zerbröseln schlimmstenfalls wie ein altes Stück Ricotta →Ricotta. Mütter verlieren ihre Söhne. Pasolini soll nicht auf dieselbe Stufe wie Jesus erhoben werden, aber vielleicht bewirkt zum Beispiel einer seiner Filme, ähnlich einer Meta-Transsubstantiation, eine Erneuerung. Wieso? Pasolini ist nicht zum bloßen Konsumieren da. Dafür sind seine Arbeiten sowohl inhaltlich als auch formal zu aufgeladen. Im Sinne Adornos bleibt das Empfangen (die Empfängnis gar?) kritisch, es gibt seine Distanz nicht vollends auf. Das wäre eine heilige Kommunion, mit der sich auch ein Marxist anfreunden könnte.


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[1] Pier Paolo Pasolini: „Il ‚Vangelo‘ e il colloquio“, in: I dialoghi, Editori Riuniti: Roma 1992 [1964], S. 331-333, hier: S. 332.
[2] Meine Übersetzung, S.G.
[3] Vgl. Marzia Apice, Le visioni di Pasolini. Immagini di una profezia, Napoli: Bibliopolis 2009, S. 44f.


Stefanie Gorzolka



COMUNISTA

Immaginiamo di esercitarci con la famosa coniugazione: io lavoro, tu lavori, lui lavora, noi lavoriamo, voi lavorate, loro profittano di noi. L’essenza della critica al capitalismo, all’eterna immagine del nemico comunista è qui riassunta. Il comunismo, ma cos’è? Un pugno disteso, un confine militare ben tracciato, un conseguente vuoto di economia, un’utopia che da sola si è spinta fino alla tomba? Se si considera Pier Paolo Pasolini si può dire che il comunismo supera questi aspetti e non basta stabilire chi siano i suoi sostenitori semplicemente mediante una formula ex negativo dei “valori” della società consumista. Il comunista è, secondo una definizione estrema, qualcuno che ha qualcosa in comune con i suoi simili. È nella condivisione che l’uomo diventa uno solo →Humile.

Di queste figure, di questi comunisti nelle opere di Pasolini ve ne sono a iosa e non di rado sono donne. Maria associa i colpevoli così come i disperati a Gesù; Mamma Roma lavora sodo per garantire uno stile di vita borghese al figlio viziato; L’attore Stracci, privo di ogni opportunità e mezzo, patisce la fame per dividere con la sua famiglia il pezzo di pane guadagnato con sforzo e fatica. Sotto questo aspetto Pasolini incarna la figura di un vero comunista: condivide sé stesso attraverso i suoi scritti, le sue poesie, i suoi film. Con ogni sua opera noi post-pasoliniani facciamo nostra, riceviamo una comunione, una parte del corpo →Sacer.

Momento-Comunione come nella chiesa cattolica? Comunismo e cattolicesimo: come possono combaciare, convivere insieme, si chiederebbe il comune marxista. In effetti il comunismo e il cattolicesimo combaciano più di quanto si pensi di primo acchito. Per definirsi gli uomini fissano delle linee di demarcazione, delimitano loro stessi escludendo gli altri. Di questo Pasolini è sempre stato cosciente, come mostra la sua risposta ad una lettera di un lettore: „Un prete davanti a un comunista, e un comunista davanti a un prete, quasi sempre, rappresenta l’apparizione dell’altro: una ‘razza’ degradata dal tabù, inattendibile, umanamente deperita e ripugnante. Come comunista anch’io non sono immune da questa malattia inconscia […].[1] Un “marxista comunista” condivide con un cristiano il credo radicale per una rappresentazione non più attuale e per questo un marxista è in sostanza un religioso.[2]

I protagonisti delle opere di Pasolini si distruggono per i loro doveri, si sbriciolano nel peggiore dei casi come un vecchio pezzo di ricotta →Ricotta, mentre le madri perdono i loro figli. Pasolini non deve essere elevato allo stesso livello di Gesù ma forse uno dei suoi film, ad esempio, riesce ad ottenere qualcosa di simile ad una meta-transustanziazione, ad una rinascita. Come? Pasolini non è semplicemente da “consumare”, per questo i suoi lavori, sia nel contenuto che nella forma, sono troppo carichi. Come inteso da Adorno l’atto del ricevere resta critico (forse il concepimento?): non rinuncia interamente alla sua distanza. Questa sarebbe una comunione sacra, della quale anche un marxista potrebbe rallegrarsi.


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[1] Pier Paolo Pasolini: „Il ‚Vangelo‘ e il colloquio“, in: I dialoghi, Editori Riuniti: Roma 1992 [1964], pp. 331-333, qui: p. 332.
[2] Cfr. Marzia Apice, Le visioni di Pasolini. Immagini di una profezia, Napoli: Bibliopolis 2009, p. 44 note.


Stefanie Gorzolka